Icone di Gianna Baghin
Inaugurazione: sabato 1° marzo 2025, ore 18
Apertura della mostra: 2 – 23 marzo 2025

Gianna Baghin, rinomata iconografa vicentina, presenta al Santuario di Santa Maria di Monte Berico la sua produzione di icone neobizantine. La selezione, che comprende una trentina di tavole, offre ai visitatori un’esperienza spirituale e artistica di grande profondità. Tra le opere esposte, spicca l’immagine Sei Tu il mio pastore, dove la preghiera del cuore si traduce in una rappresentazione inedita e personale della tenerezza di Dio, del suo rapporto intimo con l’anima del credente.
La mostra si terrà presso la sala polifunzionale Sette Santi Fondatori, e resterà aperta al pubblico dal 2 al 23 marzo 2025, nei giorni di sabato (ore 15-18) e di domenica (ore 9-12 e 15-18). L’inaugurazione avrà luogo sabato 1° marzo alle ore 18, con gli interventi di padre Carlo Rosato, priore del convento e rettore del santuario, nonché di padre Roberto Cocco e Agata Keran, curatori dell’iniziativa. Durante il periodo dell’esposizione, Gianna Baghin proporrà anche un corso di icone, aperto a tutti coloro che desiderano avvicinarsi a quest’antica disciplina artistico-spirituale.
Info: museo@monteberico.it – 0444.1242153

Gianna Baghin, Sei Tu il mio pastore, 2025, tempera su legno
Icone sentinelle di speranza
La mostra di Gianna Baghin nel Giubileo 2025
commento di Agata Keran
La sala polifunzionale Sette Santi Fondatori del Santuario di Monte Berico ospita, dal 2 al 23 marzo 2025, una mostra retrospettiva dedicata alle icone di Gianna Baghin, priora della Provincia Veneta dell’Ordine secolare dei Servi di Maria. Sono esposte ben 50 tavole dipinte con la tradizionale tempera all’uovo, suddivise in quattro nuclei tematici: le icone della Madre di Dio, che contemplano la maternità di Maria e il suo rapporto d’amore con il Figlio, sia in terra che in cielo; i ritratti di Gesù nella sofferenza e in gloria; la rappresentazione delle feste dell’anno liturgico; le effigi dei santi e degli angeli.
L’itinerario espositivo segue, dunque, un filo prettamente tematico, lungo il quale si svela il mirabile impegno di un’autrice in grado di unire coerentemente l’arte pittorica alla preghiera del cuore. Tuttavia, il cammino di ricerca nell’ambito dell’icona neobizantina, intrapreso dall’autrice trent’anni fa, mostra una progressiva maturazione del segno e la conseguente interiorizzazione dei soggetti, non solo sul piano tecnico ma soprattutto religioso. Negli ultimi tempi, quest’intima evoluzione artistico-spirituale ha portato verso una più libera interpretazione dei soggetti, codificati prevalentemente nella tradizione dell’Oriente cristiano, con alcune significative escursioni nel Medioevo italiano. Sul versante occidentale, spicca la riscrittura dell’iconografia campana di Santa Maria “de Flumine”, il cui prototipo è un’immagine salvata prodigiosamente durante un’alluvione ad Amalfi e ritenuta poi taumaturgica, conservata attualmente a Napoli, al Museo di Capodimonte.
È particolarmente fecondo l’uso sapiente e generoso degli azzurri: una scala simbolica che riesce a evocare tempi ed emozioni del Vangelo. Gli sfondi blu diventano così un vero e proprio timbro personale di un’iconografa che continua a onorare il canone, ma senza più temere di imprimere il proprio sentimento spirituale nelle composizioni che, passo dopo passo, si svincolano dal peso eccessivo e dalla rigidità dell’auctoritas, per levitare misticamente oltre la regola troppo secca. Valga come esempio la magnifica Lamentazione al sepolcro, attraversata da un pathos profondo e al contempo soave, che si effonde nella vasta campitura ultramarina. Come un morbido manto, la vibrante superficie cromatica accoglie e accarezza il candore del corpo esanime del Salvatore.
La ricercata preziosità dello stile e della materia lignea e pittorica, plasmata quest’ultima con una cura appassionata e obbediente agli antichi dettati bizantini, si congiunge coerentemente all’ispirazione tenace del cuore e dello sguardo orante. Il connubio misterioso tra arte e fede, raro nella sua lucentezza cristallina, fa diventare le “preghiere visive” di Gianna Baghin un’autentica dichiarazione d’amore verso l’Invisibile e un’arca di speranza da avviare convintamente verso il futuro, onda dopo onda, oltre il diluvio della mondanità distratta e superficiale del presente, per una catechesi che può unire generazioni e culture diverse, spalancando il varco al dialogo ecumenico.