Commento al Vangelo domenicale, 13 luglio 2025

DOMENICA QUINDICESIMA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

E chi è mio prossimo? (Lc 10, 25-37)

Vincent van Gogh
Buon Samaritano, 1890, olio su tela, 73 x 60 cm, Rijksmuseum Kröller-Müller, Otterlo

L’amore del prossimo: è una scelta che molte persone nel mondo e molte ideologie assumono e vivono. Gesù ne indica il modo per i suoi discepoli.

Leggiamo nel vangelo di Luca 10, 25-37:

Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”.

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”.

Gesù riprese: Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”.

Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”.

Gesù ha iniziato decisamente il suo cammino verso Gerusalemme. Nella regione semipagana della Samaria egli convoca nuovi discepoli e consegna molti insegnamenti ai suoi seguaci, con parole e azioni significative. 

Parla di come realizzare concretamente il regno di Dio nel tempo presente. Ma un “dottore della Legge”, un avvocato, con intenzioni poco sincere, “per metterlo alla prova”, con la speranza di trovare nelle parole di Gesù qualche motivo di condanna, cerca di trasferire il tema in un altro ambito, al di là della vita fisica: “Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù aiuta l’interlocutore a darsi lui stesso la risposta, cercandola nella Legge: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Non era difficile trovarla, perché la ripeteva nella preghiera due volte al giorno: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Il dottore della Legge sa bene ciò che Dio si aspetta da lui. Il suo amore per Dio, con tutto il suo essere, non può ridursi a solenni atti di culto nel tempio, ma deve tradursi in concreto amore del prossimo, dedicando agli altri la stessa cura e attenzione che si dedica alla propria integrità e al proprio benessere: “come te stesso”. Questo è il cammino: “Fa’ questo e vivrai”.

Nel tentativo di giustificarsi, l’avvocato aggiunge un’altra domanda: “E chi è mio prossimo?”. Per l’Antico Testamento e l’ebraismo del tempo di Gesù, “prossimo” è solo il compatriota, e si estende tutt’al più alla persona straniera residente, simpatizzante della religione di Israele. Gesù, con una parabola che troviamo solo nel vangelo di Luca, presenta un altro criterio di “prossimo”. Non propone una definizione teorica, ma un modo concreto di procedere.

C’è un uomo a terra sulla strada, ferito e mezzo morto, spogliato di tutto. È il simbolo di qualsiasi essere umano, su qualsiasi strada del mondo. È stato aggredito dai ladri, che possono essere delle persone concrete, o dei sistemi di sfruttamento e di rapina quali stiamo esperimentando anche oggi.

Due uomini religiosi, dedicati al culto, un sacerdote e un levita, scendendo per la stessa strada, lo videro e passarono oltre. Stavano tornando dal tempio, dove avevano cercato Dio nella solennità dei riti, e non potevano avvicinarsi a un ferito, forse a un uomo già morto, per non contrarre l’impurità legale.

Invece, un samaritano, un uomo di fede non ortodossa, considerata addirittura ispirata dal demonio, “lo vide e ne ebbe compassione”. Il vangelo si sofferma su tutti i dettagli delle cure che il samaritano offre al ferito per la sua guarigione, a cominciare da un primo atteggiamento: “Gli si fece vicino”, si fece prossimo. L’uomo ferito era uno sconosciuto, probabilmente giudeo, un nemico tradizionale dei samaritani. Non saprà mai chi lo ha aiutato. Anche lui potrà ringraziare solo procedendo con la stessa logica, come indica Gesù al dottore della Legge che lo interroga.

Gesù modifica la domanda: “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Più che sapere chi è il tuo “prossimo”, tu stesso devi farti “prossimo”, aver compassione di fronte a qualsiasi essere umano, ferito nel corpo o nello spirito, e soccorrerlo. Il prossimo non è colui che è soccorso, ma colui che soccorre. Solo il samaritano, eterodosso disprezzato e rifiutato, prende l’iniziativa di farsi “prossimo”, agendo con misericordia e disinteresse. È lui il simbolo di Gesù stesso, che si è fatto “prossimo” della nostra umanità ferita.

Per “ereditare la vita eterna”, secondo la domanda iniziale del giurista, il discepolo in cammino con Gesù verso Gerusalemme dovrà procedere allo stesso modo: il suo amore per Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e con tutta la mente, si realizzerà nell’amore concreto per l’essere umano ferito e spogliato dai ladri di tutti i tempi.

Padre Bernardino Zanella osm

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